Venarìa Reale. La Versailles sabauda
Itinerario
Venarìa Reale. La Versailles sabauda
Se a partire dalla fine del Cinquecento i duchi e i loro architetti avevano riplasmato Torino secondo i principi della rappresentazione aulica del potere, nei secoli successivi la città si cinse di “maisons de plaisance”, dilettevole controcanto delle austere occupazioni di comando. Poi fu la volta delle residenze venatorie, sviluppate su estensioni demaniali su cui i reali potevano esercitare il diritto esclusivo di caccia. La Venarìa Reale, complesso di rara eleganza, fu realizzata negli stessi anni e con le stesse ambizioni della reggia di Versailles. Di pari passo con la realizzazione dell’imponente residenza sabauda, concepita come fastosa ribalta di battute di caccia, grandi balli e scenografici ricevimenti, furono ideati il borgo, gli splendidi giardini e la Mandria, più intima e agreste rispetto all’aulica reggia.
«Tra tutte le residenze di piacere in cui Sua Altezza il duca di Savoia si reca abitualmente per ristorarsi dalle fatiche, la più importante e meritevole di essere visitata è quella che viene chiamata Venarìa Reale, distante più di tre miglia da Torino. Fu il duca Carlo Emanuele II che le diede questo nome, perché riteneva che quella fosse una zona in cui si sarebbe potuto praticare la caccia secondo lo stile dei re». Così nel 1682 descriveva la reggia il “Theatrum Sabaudiae”, la monumentale opera a stampa che in 142 tavole illustrava a tutta l’Europa la magnificenza presente e futura delle residenze e dei possedimenti sabaudi. Ma Venarìa Reale, Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, non era solo una semplice reggia, concepita per la caccia, gli spettacolari balli e gli sfarzosi ricevimenti, di cui il vasto stuolo di cortigiani era al contempo protagonista e spettatore delle rituali messe in scena, perché con la realizzazione del borgo, dei giardini e del grande parco della Mandria divenne una sorta di insediamento satellite della sfarzosa Torino sabauda. Nel borgo, preludio della magnificenza della reggia, sontuosi palazzi destinati ad accogliere le maggiori casate di corte proliferarono di pari passo con la nascita di opifici manifatturieri destinati alla produzione della seta. Anche la Mandria, tenuta venatoria tra le preferite di Vittorio Emanuele II, si arricchì di un notevole patrimonio architettonico, la cui magnificenza è giunta fino a noi.