La Reggia di Venarìa (Venaria Reale - TO)
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Condizioni di visita: ingresso a pagamento
Il monumentale complesso della reggia, 50 sale distese lungo 2 km e 60 ettari di giardini, è il frutto di diversi interventi architettonici susseguitisi dal primo progetto del 1659 di Amedeo di Castellamonte, con contributi di Filippo Juvarra agli inizi del Settecento fino ai radicali ritocchi di Benedetto Alfieri, un secolo dopo. Nucleo primigenio della residenza, il castellamontiano palazzo di Diana ha il suo fulcro nella grandiosa Sala di Diana, il salone di rappresentanza avvolto da uno straordinario apparato decorativo: affreschi allegorici, stucchi, erme di satiri, ninfe, trofei di caccia sono i temi iconografici, ideati dal poeta di corte Emanuele Tesauro, che reinterpretano il mito di Diana come una metafora morale dell’ordinamento civile su cui doveva trovare fondamento il potere sabaudo. Ideata alla fine del Seicento da Michelangelo Garove come luogo di collegamento tra la reggia e le scuderie, la Galleria Grande, detta di Diana, tra il 1716 e il 1718 fu completamente riplasmata da Filippo Juvarra che ne fece uno dei suoi capolavori architettonici nonché il luogo più memorabile della Venarìa: un “teatro di luce”, grazie all’articolata disposizione delle aperture che illuminano il fastoso apparato di stucchi. Ed è sempre Juvarra l’artefice della cappella di Sant’Uberto, patrono dei cacciatori, e del grandioso insieme della Citroneria e della Grande Scuderia, edifici di straordinaria maestosità se si considera le loro destinazioni “di servizio”. A Benedetto Alfieri, ultimo architetto attivo alla Venarìa tra il 1739 e il 1753, e poi nel 1765, si deve gran parte dei corpi di raccordo come la torre del Belvedere, che affianca la cappella di Sant’Uberto, le scuderie piccole, la rimessa per le carrozze e il maneggio. Un viaggio nei fasti dei Savoia che si protrae sino all’odorosa cornice che avvolge la reggia. Sono i giardini, ispirati a quelli romani del Cinquecento nel progetto di Amedeo di Castellamonte, poi via via riplasmati a seconda della moda del tempo. Di straordinaria originalità sono gli “appartamenti verdi” concepiti da Filippo Juvarra: lunghi filari di alberi posti ai lati e al termine del parterre, modellati come vere e proprie stanze, con pareti e volte.