Monza. I fasti della Reggia e le suggestioni del Parco
Itinerario
Monza. I fasti della Reggia e le suggestioni del Parco
Oasi strappata al cemento in una delle zone più industrializzate d’Italia, la valle del Lambro è un nastro verde che si srotola lungo gli argini del fiume, all’ombra dei pioppi e dei carpini dove si sentono ancora il cinguettio degli uccelli e il tuffo in acqua del martin pescatore, tra cascine, campi coltivati a mais, balle di fieno arrotolate che brillano sotto il sole, mucche e scorci cittadini. In questo contesto, tra il 1777 e il 1780 fu concepita Villa Reale, ideata per Maria Tersa d’Austria da Giuseppe Piermarini che progettò anche i Giardini Reali. Il secolo successivo fu la volta del Parco di Monza, uno dei più vasti polmoni verdi cintati d’Europa voluto come parco privato da Eugenio di Beauharnais, viceré napoleonico.
Striscia vegetale ricca di suggestioni naturalistiche che attraversa la Brianza occidentale, offrendo un polmone verde a una delle zone più industrializzate d’Italia, la valle del Lambro si snoda lungo il corso del fiume, che nasce alle pendici dei monti lariani e scorre verso sud per 130 chilometri attraversando la città di Monza. Ed è proprio qui, a Monza, che tra il 1777 e il 1780, prende vita uno dei simboli del potere regio. Si tratta della Villa Reale, eretta per volontà di Maria Teresa d’Austria come principesca dimora estiva per il figlio Ferdinando d’Asburgo. Artefice della complessa architettura neoclassica, ispirata alla Reggia di Caserta, e poi dei Giardini Reali, fu Giuseppe Piermarini, cui la sovrana fece ricorso per la progettazione. Ed è qui che tra il 1805 e il 1810 il viceré Eugenio di Beauharnais, che amava soggiornare nelle stanze della Villa Reale, volle inglobare il Lambro all’interno del grande parco che circondava la residenza, impreziosendo i Giardini Reali e allo stesso tempo riservandosi i diritti d’acqua, che a quel tempo valevano molto. All’interno della tenuta, oggi divenuta parco pubblico, si trovano mulini e rogge, piccole cascate, laghetti e fontane. A piedi, ma preferibilmente in bici, si percorrono i maestosi viali prospicienti la reggia, tra alberi monumentali, magnolie, platani, carpini, ippocastani e specie esotiche. Una pista ciclabile costeggia il fiume in direzione nord e prosegue oltre il parco tra stradine secondarie e vialetti di terra battuta, alternando scorci di campagna coltivata a boschi cedui di frassini, carpini, robinie e ontani che in primavera riacquistano le loro chiome frondose e i loro odori selvatici. Dai ponticelli si ascolta il gorgoglio della corrente e si ammira il lento incedere dei cigni interrotto dall’improvviso volo a pelo d’acqua del germano reale. Oltre a numerose specie di uccelli, si osservano scoiattoli, volpi, faine e donnole. Il percorso, sempre protetto, prosegue in direzione dei monti incontrando mulini, cascine, dimore nobili e gioielli d’architettura, e senza mai allontanarsi dal fiume “lucente”, come veniva chiamato il Lambro, il cui nome deriverebbe dalla parola greca “lampròs”, che significa “luminoso”, perché così gli storici del passato ricordano il fiume.