Pozzo di San Patrizio (Orvieto)
Viale Sangallo
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Condizioni di visita: ingresso a pagamento
L’opera ipogea più celebre di Orvieto – e forse d’Italia – è certamente il grande Pozzo della Rocca, conosciuto comunemente come Pozzo di San Patrizio a causa del temporaneo uso da parte dei monaci di un vicino Convento. Lo scopo dell’opera, voluta da papa Clemente VII e portata a termine nel 1537 dall’architetto Antonio da Sangallo il Giovane, era quello di garantire l’autonomia e la sopravvivenza della rocca in caso di un eventuale assedio, tanto da motivare l’iscrizione che corona il tamburo esterno del pozzo, e che in realtà si potrebbe tranquillamente applicare a tutte le opere ipogee di Orvieto: «Quod natura munimento inviderat industria adiecit» («Il lavoro aggiunse alla rocca quello che la natura le aveva negato»). La particolarità del pozzo – profondo circa 53 m, più 4 del maestoso tamburo esterno, e del diametro di più di 12 m – sta nella presenza di due scale elicoidali indipendenti tra loro, utilizzate una per la discesa delle bestie da soma e una per la loro risalita, che poteva così avvenire senza intralci. La realizzazione dello scavo e la costruzione della struttura del pozzo furono più complicate di quel che Sangallo aveva previsto: se il primo tratto del pozzo ha pareti di roccia viva, man mano che si procedeva nella discesa la qualità del tufo apparve minore, obbligando l’architetto a prevedere un rivestimento di muratura allo scopo di consolidare le fratture e di contenere i movimenti degli strati rocciosi meno solidi.