Sacro Monte di Varallo Sesia
Via Sacro Monte 1
Tel. 016354454
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Apertura basilica: tutti i giorni 8.30-12.20 e 14.15-18.30 (fino alle 17.30 con l’ora solare); le cappelle sono sempre visitabili
È Fra Bernardino Caimi (1425-1500) a mettere a punto un nuovo concetto di Complesso religioso – il Sacro Monte – che a Varallo Sesia conosce una prima, pionieristica versione. A fine Quattrocento, in un momento in cui raggiungere la Terrasanta era diventato ancora più complesso a causa dell’espansione dell’impero ottomano, il riproporre una copia assolutamente fedele dei luoghi più sacri della cristianità rappresentava un’alternativa simbolica al pellegrinaggio in quelle terre lontane. Ben presto, alla volontà di riprodurre gli edifici di Gerusalemme, Nazareth, Betlemme – che è palese in alcune tra le parti più antiche del Complesso, come la V cappella o il Santo Sepolcro – si affiancò la volontà di popolare i luoghi di statue, in legno prima, in terracotta poi, come veri e propri attori che contribuissero a creare il “gran teatro montano” e potessero rendere ancora più efficace il messaggio da convogliare ai tanti pellegrini. Sul primo scorcio del Cinquecento, grazie all’operato del pittore e plasticatore Gaudenzio Ferrari, maestro del Rinascimento lombardo e vero e proprio “regista” del Sacro Monte di Varallo, questa formula venne perfezionata e raggiunse i vertici qualitativi straordinari testimoniati dalla XXXVIII cappella, il Calvario, formula fatta di una perfetta coabitazione di statue e affreschi e che venne riproposta programmaticamente nei secoli a venire. Nella seconda metà del sedicesimo secolo alcune porzioni del Complesso vennero plasmate secondo una sensibilità pienamente manierista dall’architetto Galeazzo Alessi, che reinterpretò gli spazi del monte come una città ideale. Con l’avvento della Controriforma, al Complesso fu riconosciuta una straordinaria importanza dal punto di vista didattico: i “misteri” tratti dalle Sacre Scritture vennero relegati dietro le grate, e i pellegrini – che fino ad allora avevano avuto la possibilità di mischiarsi alle statue e di prender parte fisicamente all’episodio narrato – divennero spettatori di scene raccontate secondo una rigorosissima regia. Esemplificative di questa tendenza sono le cappelle ospitate nel Palazzo di Pilato, quali l’Ecce Homo (XXXIII), affrescata da Pier Francesco Mazzucchelli, detto “il Morazzone”, e con le statue di Giovanni D’Enrico. Il cantiere attraversò anche il Settecento e infine l’Ottocento, secolo durante il quale venne finalmente portata a compimento la Basilica dell’Assunta, iniziata nel primo scorcio del Seicento.