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Trentino-Alto Adige

Di Sole e di Non. Le valli delle mele

Itinerario

Di Sole e di Non. Le valli delle mele

in collaborazione con Touring Club Italiano

Acqua, esposizione, microclima, dicono gli agronomi. Colore, aroma, croccantezza, dice chi, in val di Non e in val di Sole, gusta le mele trentine e si incanta per l’esplosione dei meleti in fiore che ammantano i rilievi ai piedi delle Dolomiti di Brenta. Profonda è la val di Non, bagnata dal Tovel, il lago rosso che rosso non è più. Punteggiata di manieri, qui si ergono l’austero castel Thun, otto secoli di storia che incutono soggezione, e il santuario di Romedio, il santo asceta amico degli orsi che in questi boschi veniva a meditare. Orientata da est a ovest, la val di Sole ha nel nome il suo distinguo: si percepisce la luminosità che la pervade percorrendola da Malè, il soleggiato capoluogo che vanta nello stemma un intreccio di rami di melo, fino al passo del Tonale, oltre il quale è già Lombardia.

A far bene, in val di Non e in val di Sole bisognerebbe rimanere dalla tarda primavera all’estate, così da poter ammirare il variare dei colori dei meleti, in piena fioritura ad aprile e maggio e carichi di succosi frutti nei mesi successivi. Accomunate dalla dolcezza delle mele e dal fiume Noce, che ai frutteti dà gusto e fama, le due valli sono in realtà mondi diversi. In bilico tra terre germaniche e italiche, la storia della val di Non si legge nei castelli che ne marcano il paesaggio. Su tutti, castel Thun, dove tra mobili d’epoca, tavole imbandite e letti appena fatti, sembra che i padroni di casa, una delle più potenti famiglie del Sacro Romano Impero, debbano tornare da un momento all’altro. Non è il castello, invece, ad attirare l’attenzione a Cles, storico capoluogo della val di Non, bensì il vicino lago di Tovel, che fino a qualche decennio fa si colorava del rosso di una “sanguigna” alga estiva, oggi, chissà perché, scomparsa. In alta valle, i fitti boschi non impediscono di contare le sei cappelle sovrapposte del santuario di S. Romedio, costruito là dove intorno al Mille l’eremita di Thaur decise di ritirarsi in compagnia, racconta la leggenda, di un fedele orso bruno.
La luce inonda i paesaggi della val di Sole, estesa da est a ovest proprio secondo l’inclinazione dei raggi solari. Qui, dove la casata dei Thun ha lasciato ancora il segno nel castello di Caldes e dove dal capoluogo Malè si arriva in un fiato agli impianti sciistici di Madonna di Campiglio, meleti e frutteti devono condividere lo spazio con ambienti genuinamente montani. Lasciare il corso principale del Noce per inoltrarsi nelle laterali val d Pejo e val di Rabbi ha il suo rilassante perché. Pascoli, boschi di abeti e larici, torrenti sono compagni di viaggio verso le stazioni termali di Pejo Fonti e Bagni di Rabbi, mosse da acque curative e già comprese nel Parco nazionale dello Stelvio. Quante storie si sentono raccontare invece al passo del Tonale, il valico all’estremità occidentale della valle che porta in Lombardia: di qui passarono romani, franchi e Federico Barbarossa ma, soprattutto, si dice che in passato fosse luogo di misteriosi sabba.
La val di Sole e la val di Non sono i naturali confini, rispettivamente settentrionale e orientale, delle Dolomiti di Brenta, comprese nel Parco Adamello-Brenta e habitat di alcuni rari esemplari di orso bruno. Niente paura, però: gli orsi vogliono stare da soli e si nascondono nelle aree più remote e selvagge dell’area protetta.

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