Copertina dell'itinerario I Parmigiani di “casello in casello”. EMILIA-ROMAGNA-wide-scaled-1.jpg
Emilia-Romagna

I Parmigiani di “casello in casello”

Itinerario

I Parmigiani di “casello in casello”

in collaborazione con Slow Food

Si è abituati a chiamarlo al singolare, parmigiano reggiano, ma sarebbe più corretto pensarlo al plurale. Perché a seconda che sia prodotto in pianura o in collina o, ancora, che sia ottenuto da latte di rossa reggiana o di vacca frisona il risultato cambia, e di molto. Scoprire questa diversità andando di casello in casello (così sono chiamati i luoghi di lavorazione del parmigiano reggiano) è una delle attività più interessanti da fare in questi luoghi. Dopo aver incontrato i produttori di pianura a Guastalla e Campegine ci si sposterà a sud, sulle colline di Matilde di Canossa, dove piccoli casari trasformano latti profumati e più grassi, per poi tornare verso Reggio Emilia e fermarsi a conoscere l’intenso parmigiano reggiano ottenuto con il latte di vacca rossa.

Si è abituati a chiamarlo al singolare, parmigiano reggiano, ma sarebbe più corretto pensarlo al plurale. Perché a seconda che sia prodotto in pianura o in collina o, ancora, che sia ottenuto da latte di rossa reggiana o di vacca frisona il risultato cambia, e di molto. Scoprire questa diversità andando tra pianura e campagna di casello in casello (così sono chiamati i luoghi di lavorazione del parmigiano reggiano) è una delle attività più interessanti da fare in questi luoghi. Partendo dalla zona pianeggiante di Guastalla, dove si allevano le famose vacche dal manto fromentino (chiamate così dal colore simile alla cariosside del frumento), nella Latteria Sociale San Girolamo, oltre a un ottimo parmigiano reggiano, troverete burro, tosone, ricotta e formaggi freschi. Siamo nel cuore della terra che ha dato nel Medioevo i natali al parmigiano reggiano: a Campegine il Caseificio agricolo del Milanello, in una zona di bei prati stabili, controlla tutta la filiera di produzione, fino al magazzino che arriva a contenere 10 mila forme. Spostandosi sulle colline la storia di Matilde di Canossa si incontra con quella casearia: diversi sono i caseifici nascosti tra i castelli. Vicino al castello matildico di Rossena, la Latteria Sociale Selvapiana produce quello che è considerato uno dei migliori parmigiani reggiani del comprensorio collinare. La strada dei castelli si conclude con la visita al Fornacione, tra il castello di Carpineti e la Pietra di Bismantova, tappa obbligata perché qui si trova il parmigiano reggiano di montagna, uno dei più apprezzati nel suo genere. I produttori usano essere numerati, ecco allora il Casello 993, a cui corrisponde il Caseificio Sociale di Cavola, considerato un monumento alla storia del parmigiano reggiano dal momento che esiste dal 1929. Tradizione e salute sono le due parole d’ordine anche dall’azienda Biogold a Rivalta, la prima dell’Emilia a produrre parmigiano reggiano biologico. La storia della produzione del parmigiano reggiano ha rischiato di essere dimenticata. Il Consorzio Vacche Rosse ha contribuito al rilancio delle vacche rosse reggiane, il cui latte è stato il primo a essere usato nella produzione del formaggio a pasta dura che sarebbe poi diventato il parmigiano reggiano. Il prodotto è più caro, ma con qualità organolettica notevole e portatore di una storia antica.

La vacca rossa reggiana
La vacca rossa reggiana, l’animale che ha fornito il latte con cui i monaci benedettini e cistercensi hanno inventato il parmigiano reggiano tra il XII e l’XIII secolo, ha rischiato di scomparire negli anni Ottanta, quando, complici le strategie commerciali che tendevano a selezionare le razze più produttive, è stata sostituita dalla frisona, vera macchina da latte. Il latte delle rosse reggiane è più ricco di proteine, caseina in particolare, e coagula più rapidamente donando una cagliata consistente e elastica. Il tempo di stagionatura è di minimo 24 mesi, contro i 12 del parmigiano reggiano normale, per garantire con l’adeguata stagionatura l’espressione degli aromi e una migliore digeribilità (più stagiona, più è digeribile). La produzione è di poco superiore alle 18 000 forme l’anno.

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