Tappa 1

Vasto

UFFICIO INFORMAZIONI ACCOGLIENZA TURISTICA
Palazzo d’Avalos, piazza Lucio Valerio Pudente 5
www.comune.vasto.ch.it
La distruzione di Histonium nell’802 per mano di Aimone di Dordona su ordine di Pipino, figlio di Carlo Magno, determinò il cambio di nome della città. L’anno seguente Pipino assegnò la devastata Histonium allo stesso Aimone che, attratto dall’amenità del sito, incominciò a ricostruirla. Così, da lui la nuova città fu chiamata Guasto di Aimone, cioè residenza del gastaldo Aimone, che per corruzione poi divenne Vasto. La città conserva testimonianze interessanti del suo passato romano. Nel portale di San Pietro, residuo dell’antica chiesa crollata, si notano elementi appartenuti a un tempio dedicato a Cerere, mentre le terme romane conservano alcuni dei mosaici più importanti ed estesi sinora rinvenuti lungo l’intera costa medioadriatica. Sotto alla Loggia Amblingh è inoltre possibile vedere due grandi cisterne romane, oggi sale di un ristorante le cui ampie vetrate permettono di ammirare la struttura. LOGGIA AMBLINGH (VASTO)
La Loggia prende il nome dall’austriaco Guglielmo Amblingh di Graz, segretario di Cesare Michelangelo d’Avalos, giunto a Vasto da Vienna nel 1707 al seguito del marchese, insieme alla moglie Anna Maria Bruswin. Le alte case e gli stretti vicoli della Loggia, nel quartiere di Santa Maria, erano le abitazioni dei dipendenti marchesali, di scudieri e cavallari. Negli ultimi due secoli la costruzione ha subito gravi dissesti, come la rovinosa frana del 1816, che ne hanno alterato l’aspetto originario. Intatta è rimasta invece la porta Santa Maria, comunemente nota come porta Catena, con il suo arco in cotto rinforzato da pietra del Gargano e la caratteristica altana che la sormonta.

PALAZZO D’AVALOS E MUSEI CIVICI (VASTO)
Piazza Lucio Valerio Pudente 5
www.museipalazzodavalos.it
Condizioni di visita: ingresso a pagamento
Il rinascimentale Palazzo d’Avalos, affacciato sul mare, è il simbolo della città. Ospita quattro musei: il Museo archeologico documenta la storia di Vasto e del territorio dall’età del Ferro all’alto medioevo (dell’epoca romana spicca il sarcofago “matrimoniale” del nobile Publius Paquius Scaeva e della moglie); la Pinacoteca custodisce un cospicuo nucleo di dipinti dei fratelli Palizzi, esponenti di spicco dell’ottocentesca Scuola di Posillipo; “Mediterranea” costituisce la collezione di arte contemporanea con opere di artisti italiani e spagnoli; il Museo del Costume espone abiti e corredi dell’Ottocento e del primo Novecento di famiglie vastesi, nonché dipinti e litografie che illustrano abiti e costumi tradizionali abruzzesi. Palazzo d’Avalos è rinomato anche per il suggestivo giardino napoletano affacciato sul mare, riportato all’antico splendore da un restauro che gli ha restituito l’originale impianto tardosettecentesco.

PARCO ARCHEOLOGICO DELLE TERME ROMANE DELL’ANTICA HISTONIUM (VASTO)
Via Adriatica 11
www.fondoambiente.it/luoghi/area-archeologica-delle-terme-romane
Condizioni di visita: visite accompagnate con contributo volontario, prenotazione consigliata. Si consiglia di verificare aperture e condizioni di visita preventivamente).
Il complesso termale dell’antica Histonium è caratterizzato da due straordinari mosaici pavimentali databili al II secolo. Il primo rappresenta scene acquatiche con una tigre marina, cavalli marini e vari tipi di pesci, come delfini e polpi. Il secondo, di eccezionali dimensioni (13,50 x 12,60 m) ha al centro un Nettuno che con la destra stringe il tridente e con la sinistra regge un delfino, circondato da un corteo di nereidi e tritoni in groppa a cavalli e draghi marini. Tutta la scena è contornata da motivi floreali. I soggetti delle due composizioni sono rarissimi in Italia, mentre sono frequenti in Africa, per cui si ritiene che queste siano state realizzate da maestranze africane ingaggiate da committenti particolarmente raffinati e ricchi. Alla preziosità dei mosaici si aggiunge quella del pavimento di due grandi aule centrali, realizzato in marmo cipollino. Le prime tracce delle terme furono scoperte nel 1828, ma solo tra il 1973 il 1974 i lavori di demolizione degli edifici danneggiati dalla frana del 1956 hanno portato alla luce parte del pavimento a mosaico e resti murari che hanno fatto intuire la natura e l’estensione del sito. L’attuale sistemazione si deve agli scavi e ai conseguenti restauri condotti dal 1994 al 1997.

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