Arquà Petrarca
PRO LOCO
Via Castello 6
www.arquapetrarca.com
Arquà Petrarca, uno dei paesi più belli dei Colli Euganei, ha origini molto antiche e, fino all’annessione del Veneto al Regno d’Italia, conservava il suo antico nome Arquada, derivazione del latino arcuata, termine con cui venivano indicate le costruzioni ad arco in pietra tipiche della zona. Degli arcuata non v’è più traccia, e l’assetto dell’impianto urbanistico come lo si vede oggi non solo è visibilmente più tardo rispetto al periodo romano, ma ha anche la struttura medievale tipica delle roccaforti disposte lungo il perimetro difensivo che proteggeva la grande città di Monselice. Arroccata sui Colli, Arquà Petrarca si sviluppa lungo dolci tornanti, dietro ognuno dei quali si nascondono scorci di incomparabile bellezza. Il piccolo centro gira intorno a Piazza Roma, dove affacciano Chiese medievali e palazzi anche in un più tardo stile gotico veneziano. Curiosamente, Arquà Petrarca ospita una sagra dedicata a un frutto di origine asiatica, la giuggiola, che si celebra ogni anno nella prima settimana di ottobre.
CASA DEL PETRARCA
Via Valleselle 4
www.arquapetrarca.com/cosa-vedere
Condizioni di visita: ingresso a pagamento
La casa del Petrarca è il monumento che ha segnato la storia (soprattutto toponomastica) del borgo: Arquà Petrarca è infatti il nome ufficiale, che compare nei documenti dal 1868. Giunto sui Colli Euganei, ad Abano, per curare i suoi problemi di salute, Francesco Petrarca così descrisse il fascino che subiva da questo luogo: «Erano soprattutto la vite, l’olivo e il mandorlo che contribuivano a creare il suggestivo e tipico paesaggio arquatense». Decise così di stabilirvisi, anche per onorare il dono che un suo amico della famiglia dei Carraresi gli offrì in segno di aiuto. Ma la casa, come quelle circostanti, era disadorna e non poteva sostenere gli spettacolari panorami che da Arquà Petrarca si godevano. Il poeta decise così di restaurarla, decorarla e dotarla di un bellissimo giardino. Proprio in questa dimora passò anche l’ultimo dei suoi giorni, nello studiolo, rimasto come allora. La sedia in stile moresco su cui esalò l’ultimo respiro è uno dei pochi mobili originali che si sono conservati.