Quando al tramonto il centro storico di Castelfranco Veneto diventa fiabesco e il suo castello medievale si illumina, è bello passeggiare per l’elegante corso XXIX Aprile fino alla graziosa piazza dedicata al mito della città, il Giorgione, geniale e misterioso rinnovatore della pittura veneta del Cinquecento. Di questo genio della luce e del colore, di cui restano pochissime preziose opere, è visitabile il Museo Casa Giorgione, al cui interno fa bella mostra di sé il monocromo “Fregio delle Arti liberali e meccaniche”, unico ciclo di affreschi concordemente attribuito al maestro. La sua opera più nota, l’assorta e intensa “Pala di Castelfranco”, si trova invece nel Duomo di Santa Maria Assunta. Qui si può ammirare la straordinarietà del Giorgione al massimo del suo fascino, che testimonia il raffinatissimo ambiente culturale sviluppatosi agli inizi del XVI secolo in uno dei borghi meglio conservati d’Italia.
I poco più di trent’anni della vita di Giorgio da Castelfranco, detto Giorgione, sono un concentrato di aneddoti, a metà fra il mito e il mistero. I grandi dibattiti sul significato delle sue opere (nessuna autografa, e consistenti in un corpus davvero ristretto) hanno contribuito sin da quando era in vita ad alimentare la sua fama. Uno dei massimi esponenti dell’arte veneta cinquecentesca, Giorgione è presente nelle gallerie di mezzo mondo, ma è nella sua piccola e magica terra natale che sono conservati i lavori più importanti, realizzati proprio quando viveva ancora a Castelfranco Veneto: l’incredibile ciclo di affreschi “Fregio delle Arti liberali e meccaniche” e la pala d’altare con la Madonna in trono fra i santi Liberale e Francesco, nota come “Pala di Castelfranco”. Gioielli inestimabili, gelosamente custoditi tra le intatte mura dell’antico borgo fortificato. La Pala, infatti, è conservata nel cuore del centro storico, nel Duomo cittadino, e, oltre a essere fortemente significativa per l’impatto stilistico che ebbe su tutta la scena pittorica veneta nei decenni successivi, è assai rappresentativa dell’originalità dell’artista e della sua forza creativa, in rottura con i codici del passato. La posizione della Madonna, che siede su un trono posto molto in alto, con i santi Liberale e Francesco ai suoi piedi, e altri dettagli compositivi hanno a lungo diviso la critica su quale fosse la reale paternità dell’opera. Ma lo stemma della dinastia dei Costanzo in basso al centro della Pala rimanda indubbiamente alla presenza di una committenza da parte della famiglia a Giorgione per la celebrazione della scomparsa del figlio del committente, il condottiero Matteo Costanzo, per molti impersonato proprio da San Liberale. Sempre inconfutabilmente suo, ma molto più intriso di simbolismo, è il “Fregio delle Arti liberali e meccaniche”, che si trova nel Museo Casa Giorgione, accanto al Duomo, dove si vuole (ma non è certo) che il pittore sia nato. Entrare in questo ambiente significa comunque entrare nel mondo di Giorgione, non solo per la presenza di oggetti di vita quotidiana, ma anche per rileggere alla luce delle diverse interpretazioni i molti aspetti che le sue opere nascondono. Proprio il “Fregio delle Arti liberali e meccaniche”, al primo piano dell’edificio, nasconde non poche insidie semantiche, a causa di lacune frammentarie e rimaneggiamenti successivi per il suo completamento, ascrivibili a mani diverse. L’opera non è solo un inno alle medievali discipline scolastiche (arti liberali) in contrapposizione al lavoro fisico (arti meccaniche), come il suo titolo suggerirebbe, ma un complesso insieme di allegorie esoteriche e astrologiche, che riflettono le inquietudini e le paure di un tempo che temeva il tramonto di un’epoca dorata.
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