Portegrandi. Le isole dello spirito
Itinerario
Portegrandi. Le isole dello spirito
Da Portegrandi sul Sile ci si imbarca per un itinerario tra i monasteri più suggestivi della laguna veneziana. La prima sosta è a San Francesco del Deserto, dove si gode della bellezza della natura segnata dal silenzio. I frati del luogo tramandano le leggende del Santo che dà il nome a quest’oasi di pace. La spiritualità continua a San Lazzaro degli Armeni, dove si viene accolti da un padre armeno che, mostrando le vestigia e gli orti orientali dell’imponente monastero, non mancherà di raccontare di quella volta in cui vi soggiornò George Byron. Risalendo per il rientro, ci si trova a San Giorgio Maggiore che l’incessante lavoro dei monaci benedettini qui insediatisi ha reso un importante centro spirituale e artistico, dai colori e dalle luci quasi magici.
Là dove il Sile si biforca, all’estremo lembo di terraferma della provincia di Treviso, gli imbarcaderi nei pressi delle chiuse di Portegrandi di Quarto d’Altino ospitano flotte pronte a salpare per insoliti tour nella laguna di Venezia. Tra i tanti percorsi, quello che tocca le Isole di San Francesco del Deserto, San Lazzaro degli Armeni e San Giorgio Maggiore rappresenta un’autentica immersione nella tranquillità e nella pace. San Francesco del Deserto è una delle isole più belle della laguna, un luogo in cui la natura di una sterminata pineta profilata di cipressi la fa da padrona, e dove il convento di ospitali frati accoglie chi lo desidera per un soggiorno di raccoglimento interiore. Con orgoglio i religiosi mostrano ai visitatori un pino plurisecolare che la leggenda vuole fosse il bastone piantato da San Francesco al suo arrivo e rigermogliato per miracolo. Lasciata la spiritualità francescana, ci si dirige verso un altro monastero, quello dei monaci mechitaristi, che occupa l’intera Isola di San Lazzaro degli Armeni. Un po’ defilata rispetto al centro lagunare, l’Isola di San Lazzaro fu utilizzata nel Medioevo come lebbrosario per i malati in quarantena (il nome deriva proprio dal santo protettore dei lebbrosi), per trasformarsi nei primi del Settecento in un centro studi che il monaco armeno Mechitar volle istituire per tenere viva la cultura del suo popolo: per questo fu risparmiato dalle distruzioni napoleoniche dei conventi di Venezia. Il padre armeno che accoglie i visitatori sull’isola non mancherà di narrare questa tra le tante leggende, ma soprattutto ricorderà che proprio San Lazzaro fu scelta da Lord Byron come oasi per i suoi studi. Splende invece di bianco di fronte a San Marco, San Giorgio Maggiore. Nata come borgo di pescatori con una piccola chiesa dedicata al Santo, l’isola fu poi bonificata per opera di un padre benedettino che la trasformò in un complesso conventuale, diventato in seguito centro per studi spirituali e artistici. Ricche sono le testimonianze del fermento che gravitava attorno all’isola, dalla facciata della basilica progettata da Andrea Palladio al dipinto del Tintoretto, “L’ultima cena”, alle “Nozze di Cana” del Veronese. Quest’ultima opera venne trasferita al Louvre all’epoca delle incursioni francesi del periodo napoleonico, che decretarono la chiusura del convento; il recupero e il restauro del dipinto risalgono a poco più di mezzo secolo fa.