Arsenale. La potenza di Venezia nella fabbrica dei dogi
Itinerario
Arsenale. La potenza di Venezia nella fabbrica dei dogi
Inattaccabile. Il commento sorge spontaneo davanti al quattrocentesco portone che, come un arco di trionfo sormontato da un leone marciano, segna l’antico accesso terrestre all’Arsenale di Venezia e sembra ruggirne la potenza marittima. Medesimo effetto fanno le alte mura merlate che per secoli difesero il cantiere navale più importante del mondo, città nella città che si fa mostra nella mostra in occasione della Biennale, quando tra sorprendenti installazioni si ammirano gli storici edifici dei cordai, la geometrica successione delle tese, officine “matrimoniali” per due galee, le Gaggiandre, gigantesche rimesse navali firmate Sansovino, le Artiglierie, i giardini. Se ancora si sentisse il bisogno di conferme della potenza veneziana, la visita della sala del Bucintoro, l’imbarcazione dogale dello “sposalizio del mare”, al Museo navale basta da sola a fugare dubbi e curiosità.
Inizi del XIV secolo. Un Dante in esilio visita l’Arsenale veneziano e rimane esterrefatto dall’organizzazione del complesso, una perfetta catena di montaggio tra terra e acqua che descriverà nel XXI Canto dell’Inferno e i cui ingranaggi erano le officine specializzate nei lavori navali, nello stoccaggio di armi e materiali e nel know-how di conoscenze che remai, cordai, fabbri, capomastri e carpentieri custodivano gelosamente entro mura merlate che alla metà del Cinquecento avevano già raggiunto i due chilometri di lunghezza. Proprio nel XIV secolo si ebbe il primo ampliamento del duecentesco nucleo originario, impostato sull’antica darsena allungata sul rio delle Galeazze, così chiamato perché dai capannoni che lo orlano uscivano le grandi navi da guerra della Serenissima, pronte per la conquista dei mari e l’espansione della Repubblica. Risale al XIV-XV secolo la realizzazione della Darsena Grande, cuore pulsante della Venezia cantieristica e militare orlato di tese (serie di capannoni coperti con la fronte rivolta all’acqua in cui, estate e inverno, gli “arsenalotti” lavoravano a due galee contemporaneamente) e degli altri edifici della fabbrica dei dogi. Si elevano sul bacino le maestose Corderie, punto di forza dell’intera fabbrica dove venivano prodotte le sartie, le gomene e i cordami della flotta veneziana: suggestiva sede espositiva della Biennale, furono erette nel 1303 e ricostruite alla fine del XVI secolo a mo’ di “cattedrale” cantieristica a tre altissime e lunghissime navate. Coeve e altrettanto suggestive le adiacenti Artiglierie, lungo edificio in cui l’odore della pece lasciava spazio a quello della polvere da sparo. L’intreccio di mare, storia, lavoro è quanto mai evidente alla “foce” della Darsena Grande, dove si ritiene che Jacopo Sansovino, all’apice della sua attività in laguna, abbia progettato le grandiose ed eleganti campate delle Gaggiandre, un tempo scali e depositi di galeazze, oggi scena anfibia di installazioni contemporanee. Al di là del canale, la dirimpettaia torre di Porta Nuova (1810) parla un linguaggio architettonico che non è più da Serenissima, ma che alla Serenissima rimanda nella cinquecentesca teoria delle tese di San Cristoforo che si dipana al suo fianco, mentre alle spalle il verde del giardino Thetis gioca con il rosso dei mattoni dando vita a un luogo d’arte e riposo disseminato di sculture e opere moderne. Allo sbocco del rio dell’Arsenale nel canale di San Marco, “anticamera acquea” della vecchia darsena, nel Museo storico navale si ammirano i fasti della flotta veneziana, scoprendo anche di trovarsi in un edificio del XV secolo dove veniva prodotta la farina per il pane che, raffermo, poteva viaggiare nelle galee per mesi e mesi di navigazione.