Gressoney-Saint-Jean e Gressoney-La-Trinité. Tra borghi walser e piste da sci
Itinerario
Gressoney-Saint-Jean e Gressoney-La-Trinité. Tra borghi walser e piste da sci
I bow-window di Castel Savoia, l’eclettico maniero dove la regina Margherita passava le estati incantata dalla bellezza montana di Gressoney, incorniciano il massiccio del Rosa. Alla sovrana-alpinista è dedicata anche la capanna Margherita, rifugio a 4554 metri di quota intitolatole nel 1893, e la Villa, sede del Municipio, dove passò molte villeggiature. Ma nel borgo Bandiera Arancione del Touring Club Italiano la voce grossa della Storia la fecero i walser, popolazione germanica che a Gressoney si stanziò lasciando segni profondi e incredibilmente integri. Lo si percepisce nella lingua, quel tisch che tutti parlano e che si insegna nelle scuole, e lo si ammira nelle architetture tradizionali, quegli stadel rurali che, funghi di legno e pietra, marcano la valle raccontandone vita e lavoro. Oltre Saint-Jean, Gressoney-La-Trinité, ai piedi del massiccio, è invece tempio dello sport, con i tracciati del Monterosa Ski aperti a ventaglio tra Valle d’Aosta e Piemonte che sono paradiso di tecnica e divertimento.
Il busto di Margherita di Savoia sulla facciata della chiesa di San Giovanni Battista dice molto delle vicende di Gressoney-Saint-Jean, il borgo adagiato nella valle del fiume Lys che, per le sue straordinarie risorse storiche e naturalistiche, si fregia della Bandiera Arancione del Touring Club Italiano. Alle risorse storiche contribuì notevolmente la regina d’Italia, che sotto le cime del massiccio del Rosa per quasi quarant’anni soggiornò, dal 1889 al 1925, senza farsi mancare ascese da vera alpinista, tanto che proprio alla Punta Gnifetti fu inaugurata alla sua presenza la capanna Margherita a 4554 metri di quota, il rifugio che ancora oggi è il più alto d’Europa. Ecco dunque spiegata la fantasiosa costruzione in pietra locale di Castel Savoia, che con le sue cinque stravaganti torri cuspidate emerge come un medievale “castello lombardo” nel verde di un fitto bosco di conifere. All’interno del maniero, tra soffitti a cassettoni, boiserie e opere d’intaglio, la sovrana non si fece mancare lussi e agi di città, tra cui caloriferi in ghisa, luce elettrica e ampi saloni per ricevere e stare in società. In attesa che i lavori del castello, protrattisi fino al 1904, terminassero, la regina fu gradita ospite nella sfarzosa villa (Villa Margherita, s’intende, oggi sede municipale) del barone Luigi Beck Peccoz, che a Gressoney lasciò l’Alpenfauna Museum, raccolta di significativi esemplari del patrimonio faunistico della regione. Peccoz vantava tra l’altro discendenze da una nobile famiglia walser, quei walser che, nel XIII secolo, dal Vallese avevano attraversato i passi alpini “colonizzando” la valle e lasciandole il patrimonio culturale e linguistico che ancora preserva.
Le tradizioni di quelle genti di origine germanica si riflettono nel tisch, dialetto alemanno ancora parlato dagli abitanti, negli abiti femminili in panno locale impreziositi da pizzi e ricami e nei tipici stadel, edifici rurali a forma di fungo che punteggiano il corso del Lys e le frazioni intorno al borgo, come gli antichi insediamenti di Alpenzu, con intatte architetture del XVII-XIX secolo. Ormai in vista di Gressoney-La-Trinité, la località “alta” vocata allo sport che è base di partenza del circo bianco del Monterosa Ski, 180 chilometri di piste di ogni grado e difficoltà collegate alla valle di Champoluc e alla piemontese Valsesia, i walser raccontano ancora di sé nell’Ecomuseo loro dedicato, “diffuso” tra due tradizionali case rurali e una baita d’alpeggio.