Monte Fenera. Nella preistoria
Itinerario
Monte Fenera. Nella preistoria
Con la sua sagoma caratteristica, frutto di millenaria stratificazione, il monte Fenera segnala l’imbocco della Valsesia. Partendo da Valduggia, la preistoria non pare poi così lontana quando ci si immerge in un paesaggio fatto di boschi di castagni e noccioli, in cui si aprono grotte e antiche cave, e si misurano, passo dopo passo, le mulattiere che lo percorrono. Si cammina tra rocce plasmate dall’acqua e da antichi riti, e si scoprono rustiche abitazioni dai tetti di paglia. Qui era di casa anche il nostro antenato più illustre: i reperti fossili narrano infatti che l’uomo di Neandertal divideva le grotte di questo angolo di Piemonte con un selvaggio bestiario composto da leoni e orsi delle caverne, rinoceronti, linci e uri.
Il percorso alla scoperta dell’area protetta ha inizio dalla strada comunale che da Castagnola conduce a Sorzano. Ci si muove nella bassa Valsesia, nelle cosiddette “frazioni alte”, collocate sulle colline alle spalle del centro abitato di Valduggia. Proseguendo dritto lungo il percorso si raggiunge l’oratorio di San Grato e, dopo qualche centinaio di metri, la cosiddetta piana dei Ginepri, “pian dal Zanevru” nel dialetto locale. Da qui lo sguardo spazia e abbraccia senza ostacoli il Borgomanerese, l’Alto Novarese e la valle del Sizzone. Incastonati tra i boschi si incontrano i “taragn” – costruzioni rurali dai caratteristici tetti fortemente spioventi con copertura di segale – che compongono un nucleo abitato documentato già a partire dal Settecento. Le caratteristiche strutture – costituite da una solida anima in legno attorno alla quale viene legata saldamente la paglia – sono composte da due parti con funzioni distinte: il piano seminterrato, la cosiddetta “truna”, era destinato a stalla e, una volta venuti meno gli allevamenti, alla conservazione di ortaggi e patate; il piano superiore era invece utilizzato come fienile, e la copertura in segale favoriva l’essiccazione del fieno. I terrazzamenti, ora occupati quasi interamente da boschi, sono scanditi da muri a secco che segnalano la natura agricola del territorio, caratterizzato dalla coltivazione di segale e patate. Tutt’intorno i faggi si stanno silenziosamente rimpossessando dei boschi soppiantando i castagni, la cui presenza indica un’economia autarchica che in altri tempi rendeva quest’angolo di mondo un universo a sé stante. Quando si attraversa il rio Fanteria, che marca il punto più basso del percorso, le tracce delle attività umane sul monte si fanno più recenti, con i resti di un’antica conceria rimasta in funzione fino agli anni ’20 del secolo scorso. Il percorso prosegue poi verso la frazione Bertagnina; da qui una deviazione porta alla cappella Prinetti, eretta a ricordo di un eccidio perpetrato dai nazifascisti nell’estate del 1944. Si raggiunge e si sorpassa la cascina Lanfranchini e si prosegue verso ovest in direzione del sentiero denominato “degli Ozenghi”, che si snoda tra castagneti e fiabesche faggete, per giungere a Rasco. Si prosegue infine verso Castagnola. Nella piazza principale della minuscola frazione s’impone la chiesa intitolata a San Lorenzo, ampliata e rimaneggiata da Alessandro Antonelli. Un ripido sentiero conduce da qui fino al monte Calvario, punto panoramico privilegiato dal quale si gode di un’ampia veduta sull’arco alpino e sulla Pianura padana.