Tora e Piccilli. Sulle orme del passato
Itinerario
Tora e Piccilli. Sulle orme del passato
Un percorso a ritroso nel tempo sulle orme dei nostri antenati che, in tempi remoti, camminarono su ceneri e fanghi emessi dall’antico vulcano di Roccamonfina, all’epoca ancora attivo. Solidificatosi fino a diventare roccia, quel pavimento ha conservato le impronte di tre individui di Homo Heidelbergensis vissuti circa trecentocinquantamila anni fa nei pressi dei borghi di Tora e Piccilli. Sono le impronte più antiche del genere Homo finora conosciute; note come “Ciampate del Diavolo”, nei secoli hanno alimentato leggende e misteri e oggi caratterizzano uno dei siti preistorici più suggestivi e meno noti del nostro Paese.
In un tempo remoto qualcuno camminò sulle ceneri e sui fanghi emessi dall’antico vulcano di Roccamonfina, che ha cessato di essere attivo circa cinquantamila anni fa. Uomini primitivi in fuga da una terrificante eruzione o semplicemente sorpresi dalle forze scatenate della natura: non possiamo saperlo. Il passare del tempo ha reso il fango segnato dal passaggio dei nostri progenitori una roccia scura e solida, e oggi quelle impronte che provengono dal nostro più remoto passato fanno capolino in una radura nei pressi dei borghi di Tora e Piccilli, in provincia di Caserta, dove oltre cinquanta impronte umane sono rimaste impresse nella roccia. A dispetto della leggenda, che le attribuisce al passaggio di un essere infernale, le orme appartengono a tre esemplari di Homo Heidelbergensis, che le lasciarono camminando nel fango bollente. Secondo gli studiosi le impronte risalgono a circa trecentocinquantamila anni fa, e sono le più antiche finora ritrovate del genere Homo. Alle tracce dei nostri progenitori si giunge percorrendo un breve sentiero attrezzato, che parte dalla Chiesa di Sant’Andrea Apostolo sulla piazzetta del centro abitato della frazione di Foresta. Attorno alla radura che cela le orme si riconosce appena la natura vulcanica della montagna di Roccamonfina: l’erosione ha smussato l’enorme cono primigenio, trasformando la larga caldera centrale in un’amena vallata con prati, boschi, campi coltivati e centri abitati. I versanti dell’antico vulcano, protetti dal Parco Regionale Area Vulcanica di Roccamonfina-Foce Garigliano, digradano dolcemente verso la piana sottostante. Sulle ondulazioni di questi pendii i torrenti hanno inciso profonde gole che separano tra loro uliveti, querceti e maestose foreste di castagno. Qua e là, tuttavia, affiorano i segni dell’antica storia vulcanica, che si leggono nella natura del terreno, nella consistenza e nel colore delle rocce, e che hanno segnato profondamente anche l’architettura. È infatti utilizzando la pietra locale, cioè tufo e basalto, tipiche rocce eruttive, che sono stati costruiti anche i piccoli borghi sulle pendici della montagna.