Copertina dell'itinerario I formaggi pecorini tra Osilo e Macomer.
Sardegna

I formaggi pecorini tra Osilo e Macomer

Itinerario

I formaggi pecorini tra Osilo e Macomer

in collaborazione con Slow Food

In questo itinerario focalizzato sul nordovest dell’isola si vanno a scoprire quattro eccellenze casearie. Si parte da Osilo, dove si produce un pecorino più piccolo della media. La stagionatura ideale è di cinque o sei mesi. La pasta è morbida, grassa, untuosa. In bocca è burroso, fondente, con buone note di nocciola tostata. Con il siero del latte impiegato per la produzione del pecorino di Osilo, si prepara la ricotta mustìa: a forma di pagnotta schiacciata, è di colore ambrato e ha un sapore intenso, fresco e leggermente affumicato. Spostandosi a Ittiri, ecco la fresa: un pecorino fresco, di forma quasi piatta, che tradizionalmente si consuma fresca o scaldata in padella. L’ultima tappa del percorso è Macomer, dove gustare il fiore sardo. Ricavato da latte crudo intero di pecore di razza sarda, è un formaggio nobile, dalla forte personalità, di grande complessità organolettica.

La Sardegna, la pastorizia e la produzione casearia sono strettamente connesse da secoli. In questo itinerario focalizzato sul nordovest dell’isola si vanno a scoprire ben quattro eccellenze del territorio. Si parte da Osilo, dove due aziende a carattere familiare, Pulinas e Turra, producono un pecorino più piccolo della media, più stretto di diametro e più alto di scalzo, la cui lavorazione prevede una lunga pressatura, ottenuta anche con l’aiuto di rudimentali presse meccaniche. La stagionatura ideale è di cinque o sei mesi. La pasta è morbida, grassa, untuosa. I profumi sono quelli tipici del formaggio ovino: note di lana, legno secco e, in qualche caso, di erbe aromatiche. In bocca è burroso, fondente, con buone note di nocciola tostata. Con il siero del latte impiegato per la produzione del pecorino di Osilo, Turra prepara la ricotta mustìa: a forma di pagnotta schiacciata, è di colore ambrato e ha un sapore intenso, fresco e leggermente affumicato. Si mangia fresca, ma si presta anche a stagionature prolungate. Spostandosi a Ittiri, ecco la fresa, un raro formaggio riportato in auge dall’azienda di Rosa Canu. È un pecorino fresco unico nel suo genere perché, per via della pressatura, è quasi piatto e ha un diametro di 20 centimetri. La pasta ha una leggera occhiatura, è morbida, bianca, contraddistinta da note di yogurt e macchia mediterranea, avvolta da una leggera crosta di colore paglierino che si sviluppa a seguito di un breve periodo di maturazione di 20 giorni. La fresa tradizionalmente si consuma fresca o scaldata in padella. L’ultima tappa del percorso è Macomer, dove Monte Nieddu è uno dei pochi produttori artigianali di quello che un tempo era “il” formaggio dei pastori dell’isola, quello prodotto in maggiore quantità: il fiore sardo. Si ricava con latte crudo intero di pecore di razza sarda. Dopo la coagulazione con caglio d’agnello e la rottura della cagliata, la massa è raccolta e posta nei caratteristici stampi di forma troncoconica detti pischeddas. A questo punto il pastore-casaro sottopone la forma a pressione e a numerose frugature, per ottenere il massimo di spurgo del siero. Quando è ben soda, la forma viene estratta e adagiata a riposare per 24 ore, dopodiché si immerge nella salamoia, dove resta generalmente da 8 a 12 ore ogni chilo di cacio. Successivamente le forme vanno su un traliccio di canne, sa cannizza, in genere vicino al fuoco, dove asciugano e affumicano per circa due settimane. Infine vanno a stagionare, in un ambiente fresco e asciutto, anche per lunghi periodi. Una volta raggiunta la giusta maturazione, il fiore viene periodicamente unto con una miscela di aceto di vino, olio di oliva e sale. Il risultato è un formaggio nobile, dalla forte personalità, di grande complessità organolettica.

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