La Triade vinicola d’Irpinia
Itinerario
La Triade vinicola d’Irpinia
Del nome dato dagli Osci, irpus ovvero lupo, l’Irpinia conserva soprattutto l’aspetto fiero e selvaggio. Terra di vino sin dall’antichità, può oggi contare su tre Doc che rendono questa area una delle più interessanti al mondo. Si parte da Tufo che è tappa obbligata per scoprire il più antico vitigno avellinese: il Greco di Tufo. Spostandosi a Taurasi si incontra l’omonimo vino: potente ed elegante, questo rosso è considerato da molti il Barolo del Sud. Attraversando dolci colline si giunge a Lapio, patria di un altro grande vitigno bianco, il Fiano di Avellino, conosciuto già dai romani che chiamavano la sua pianta vitis apiana per la dolcezza delle uve che attiravano le api. Proseguendo verso Montefalcione, infine, si incontra una versione di questa uva ancora più profumata e fine.
Del nome dato dagli Osci, irpus ovvero lupo, l’Irpinia conserva soprattutto l’aspetto fiero e selvaggio. Terra di vino sin dall’antichità, può oggi contare su tre Doc che rendono questa area una delle più interessanti al mondo. Si parte da Tufo tappa obbligata per scoprire il più antico vitigno avellinese, il Greco di Tufo, con le Cantine Di Marzo: oggi gestita con grande energia da Ferrante Di Somma, appartiene a una delle famiglie di produttori più antiche d’Italia, la quale ha introdotto la produzione di greco in questa zona nel 1647. Spostandosi a Taurasi si incontra l’omonimo vino: potente ed elegante, questo rosso è considerato da molti il Barolo del Sud. Ne costituiscono eccellenti interpreti i fratelli Addimanda, i cui vini sono schietti, diretti, gustosi, talvolta rustici, ma fortemente identitari e rappresentativi del territorio. Attraversando dolci colline si giunge a Lapio, patria di un altro grande vitigno bianco, il Fiano di Avellino, conosciuto già dai romani che chiamavano la sua pianta vitis apiana per la dolcezza delle uve che attiravano le api. E Colli di Lapio è stata la prima azienda ad avere valorizzato e fatto conoscere in Italia questa zona. Lo stile dei vini della famiglia Romano è molto semplice: lavorazione in acciaio e pochi interventi in cantina. Concludendo il percorso a Montefalcione, infine, si incontra Sertura: da una decina d’anni Giancarlo Barbieri insieme ai figli punta a valorizzare la materia prima anche con lunghi bâtonnage per i bianchi, che escono in commercio un anno dopo.